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Il Fatto Quotidiano

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mercoledì 14 luglio 2010


13 luglio 2010

Le metamorfosi di Liofredi, da cantante a ‘direttore precario’ Ciuffo ribelle, vestaglia bianca, sguardo languido. E una biondona danese accanto: “Tell me, my future!”, cantava negli anni ’80, il giovane Massimo Liofredi. E chissà che futuro avrà il direttore di RaiDue, una parodia italiana di Patrick Swayze, l’attore di Ghost: “Studiavo Medicina, giocavo a pallone e…”. E ballava il mango, intonava pezzi da spiaggia per il gruppo Kristal: musica commerciale, inglese arrangiato, video caserecci (riemersi su Youtube) da far impallidire Nino D’Angelo. Dal palco del Festivalbar ai sacri corridoi di viale Mazzini. Due parentesi brevi: la carriera artistica è finita, la direzione di RaiDue è in scadenza.

Liofredi ha trascorso un decennio nella bottega del servizio pubblico, ingresso da apprendista e uscita da dirigente con le stellette. Un volo incredibile con doppio paracadute, l’amicizia di Pippo Baudo e l’ascendente di Forza Italia, e poi l’abitudine a fare di tutto un po’: responsabile di studio, autore e forse autista, vice e capostruttura. Il luglio scorso per l’ultima infornata di nomine, l’apoteosi delle spartizioni politiche, Mauro Masi l’ha proposto per la seconda rete. Non serve sfogliare il curriculum per capire, basta leggere il mittente: Silvio Berlusconi. Il successo di Phon man – terzo soprannome, assieme a Kristal e Belli capelli – spettinò i progetti della Lega Nord che, dalle prime scampagnate di Pontida, lotta e governa per trapiantare un canale a Milano. E da tempo Antonio Marano, l’inviato a Roma, rosicchiava potere a viale Mazzini. Non c’era pioggia né vento nel giorno di gloria di Liofredi, ma un brutto segnale: il voto contrario della leghista Bianchi Clerici, per l’occasione in minoranza con Rizzo Nervo e Van Straten del Pd.

L’ex dirigente di Domenica In aveva una missione in agenda: bloccare Annozero, zittire Michele Santoro. E durante la presentazione del programma, svestendo il sorriso da filmato dei Kristal, Liofredi picchiava duro: “Io farei a meno di Annozero. Mi piacerebbe vedere un bel contenitore di politica. Tu – diceva rivolto al conduttore – fai un certo tipo di televisione, una specie di inquisizione mediatica, che a me non piace. Ma non è un fatto personale”. Sembra un predestinato: entra in campo e difende la posizione, degno erede di zio Giacomo Losi, ex capitano e sempre Core de Roma. Liofredi conosce la tattica per parentela, e così inizia a fare ostruzione: giudica (male) gli ospiti di Santoro, guarda (bene) le regole e scatena l’ufficio legale, invia fax e stacca il telefono. Tanto rumore per nulla.

In tre mesi, punzecchiato da il Giornale di famiglia, il direttore viene scaricato. Cambia personalità per resistere: “Il palinsesto? Ah! Non è il mio. Ho fatto solo ritocchi”. E Annozero? “Noi puntiamo su Santoro e Monica Setta”. Liofredi pagherà pure la sintonia con la giornalista de il Fatto del giorno: la Setta esulta per una seconda serata, Pierluigi Paragone precipita il venerdì sera. Ennesimo sgarbo ai leghisti, i padani dalla memoria lunga. A Pasqua preparano la sorpresa per Liofredi, sembra già licenziato per Gianvito Lomaglio, un fedelissimo.

Ogni Consiglio di viale Mazzini sembra annunciare l’addio di Liofredi. E allora cerca il colpo di teatro: accompagna Santoro nella conferenza di fine anno, declama audience e share di Annozero. Arrossisce per l’emozione (e l’imbarazzo): “Felice di essere qui”. Con il tono garbato di un ospite. Una capriola mediatica – contro e pro Santoro – da oro olimpico. Liofredi batte la concorrenza di Lomaglio, indicato dal viceministro Romani e mira il prossimo nemico Susanna Petruni, amica di Bonaiuti: “Faccio causa all’azienda”. E guadagna un’altra settimana di sopravvivenza: “Bè, sono un precario”.

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